Debito IVA falcidiabile nel concordato preventivo liquidatorio

Debito IVA falcidiabile nel concordato preventivo liquidatorio

Per la Corte Ue, è sufficiente l’attestazione professionale del trattamento migliore rispetto all’alternativa del fallimento
/ Venerdì 08 aprile 2016

L’imprenditore in stato di insolvenza, al fine di estinguere le proprie passività mediante la liquidazione del suo patrimonio, può presentare un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, con il quale propone di pagare soltanto parzialmente un debito per l’imposta sul valore aggiunto attestando – sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente – che il credito dell’Amministrazione finanziaria non riceverebbe una soddisfazione migliore nel caso del proprio fallimento.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, con sentenza C-546/14, pubblicata ieri, con riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal Tribunale di Udine, con ordinanza del 30 ottobre 2014, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, sull’interpretazione degli artt. 2, 250, par. 1 e 273 della direttiva 2006/112/CE, e dell’art. 4, par. 3 del TUE.

In particolare, l’autorità giudiziaria friulana aveva chiesto se tali fonti comunitarie debbano essere interpretate nel senso di rendere incompatibile una norma interna, rappresentata, nel caso di specie, dagli artt. 162 e 182-ter del RD 267/42 per l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo, con pagamento parziale del debito per IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale.
In altri termini, era stato investito il giudice comunitario per chiarire se l’obbligo degli Stati membri, previsto dal diritto dell’Unione europea, di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie a garantire il prelievo integrale dell’IVA impedisca effettivamente di ricorrere a una procedura concorsuale alternativa al fallimento, nel cui ambito l’imprenditore in stato di insolvenza liquidi tutto il proprio patrimonio per soddisfare i creditori e preveda pagamenti dei debiti per IVA non deteriori rispetto all’ipotesi alternativa del fallimento, in virtù dell’accertamento di un esperto indipendente e all’esito del controllo formale del Tribunale.

La Corte di Giustizia ha preliminarmente osservato che la procedura di concordato preventivo è soggetta a presupposti di applicazione rigorosi, al fine di offrire garanzie per quanto concerne, in particolare, il recupero dei crediti privilegiati, compresi, quindi, quelli afferenti all’IVA: a questo proposito, è stato richiamato il contenuto dell’art. 160, comma 2 L. fall., secondo cui il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso soltanto se un esperto indipendente – in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d) L. fall. – attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore, in ragione della collocazione preferenziale, “avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.

A parere del giudice comunitario, la procedura di concordato preventivo appare, pertanto, idonea a consentire di accertare che, a causa dello stato di insolvenza dell’imprenditore, lo Stato membro interessato non possa recuperare il proprio credito IVA in misura maggiore.
In tale sede, è stato altresì osservato che la proposta concordataria è soggetta al voto di tutti i creditori, ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del loro credito, e che deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino la maggioranza del totale dei crediti ammessi al voto: conseguentemente, tale procedura permette all’Agenzia delle Entrate – o al concessionario della riscossione, per gli importi iscritti a ruolo – di votare contro la proposta di pagamento parziale del credito IVA, qualora non concordi con le determinazioni dell’esperto indipendente.

L’Agenzia può votare contro e poi opporsi all’omologazione della proposta

Al ricorrere di tale ipotesi, nell’eventualità in cui la proposta concordataria sia approvata dalla maggioranza di cui all’art. 177 L. fall., l’Amministrazione finanziaria ha comunque la possibilità di opporsi all’omologazione della stessa: in ogni caso, il Tribunale può omologare il concordato, se ritiene che possa soddisfare il predetto credito tributario in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (art. 180, comma 4 L. fall.).

Alla luce delle suddette considerazioni, la Corte di Giustizia Ue ha, quindi, concluso che l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo che – a differenza delle misure trattate nelle cause C-174/07 e C-132/06 – non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’imposta nel loro territorio e la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione europea.

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