La falcidia del credito IVA tra concordato preventivo e transazione fiscale: cosa cambia dopo la sentenza della CGCE (7 aprile 2016 causa C-546/14)

di Paola Rossi.( sito http://www.fondazionenazionalecommercialisti.it)

Con la sentenza 7 aprile 2016, causa C-546/14, la Corte di Giustizia ha ritenuto compatibile con la normativa comunitaria in materia di IVA una proposta di concordato che prevede il pagamento parziale dell’imposta a condizione che un esperto indipendente attesti il trattamento deteriore di tale credito nell’alternativa fallimentare.

L’autorevole affermazione circa la mancanza di qualsiasi vincolo di matrice comunitaria al divieto di falcidia dell’IVA, oltre a sollecitare la modifica da parte del legislatore nazionale del testo dell’art. 182-ter l.f. attualmente in vigore, impone un’immediata attuazione di quanto statuito dalla CGCE nelle ipotesi di concordato preventivo in cui non sia stato attivato il procedimento di transazione fiscale.

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Duplice ruolo per il gestore della crisi da sovraindebitamento

Duplice ruolo per il gestore della crisi da sovraindebitamento

Il professionista incaricato, in presenza dei relativi presupposti, redige il piano del consumatore e lo attesta
/ Lunedì 16 maggio 2016

La relazione del gestore della crisi di cui all’art. 9, comma 3-bis della L. 3/2012 deve riepilogare, tra l’altro, il piano del consumatore esposto nel ricorso sottoscritto dal debitore, effettuando un esame critico, finalizzato al rilascio del giudizio di fattibilità: sul punto, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, nel documento del 31 marzo 2016, ritiene che la terzietà di tale professionista non costituisca un elemento indispensabile, né è richiesto dalla norma, che prevede, invece, che presti il proprio ausilio nella predisposizione del piano (art. 7, comma 1-bis della L. 3/2012).
Questo duplice ruolo di sostanziale coautore del piano e attestatore dello stesso pone problemi di equilibrio e serietà del giudizio, e più delicati rispetto alle attestazioni previste per gli istituti disciplinati dal RD n. 267/42 (piano di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo), che presuppongo una terzietà indiscutibile e permamente.

L’indipendenza è fondamentalmente uno stato mentale che il professionista deve salvaguardare, in ogni manifestazione della propria attività in cui sia richiesta.
A parere della FNC, l’indipendenza e l’assenza di cause di incompatibilità devono sussistere al momento di assunzione dell’incarico, e “non vengono meno neppure nel caso in cui il Referente dell’OCC, al quale il debitore si sia rivolto per chiedergli di assegnargli un professionista qualificato che esamini la sua situazione, affidi al futuro Gestore, scelto nell’ambito dei professionisti iscritti nei propri albi, l’incarico di effettuare una pre istruttoria sull’ammissibilità del sovraindebitato ad una delle procedure previste dalla L. 3/2012. Del resto, come confermano i principi approvati dal CNDCEC, anche l’attestatore nelle procedure previste dalla legge fallimentare svolge delle verifiche preliminari prima di accettare l’incarico, senza che ciò comprometta la sua indipendenza. E si tratta di verifiche molto più pregnanti di quella dei presupposti di ammissibilità del debitore al piano del consumatore”.

A questo proposito, è richiamato il § 2.5.8 dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, che induce la FNC a ritenere che non venga meno l’indipendenza del gestore della crisi che abbia conosciuto il debitore per incarico dell’OCC prima della sua nomina e che, successivamente ad un sommario esame di ammissibilità e fattibilità, sia stato poi nominato, collabori alla redazione del piano e ne attesti la fattibilità.

Da consigliare una proposta che sia omologabile

Il gestore della crisi deve consigliare il debitore a formulare una proposta che ritiene omologabile e, qualora le disponibilità patrimoniali o la situazione concreta non lo consentano, deve prospettare al consumatore la necessità di accedere ad un’altra procedura, oppure rinunciare all’incarico.
L’errore più grave sarebbe quello di essere troppo accondiscendente rispetto al sovraindebitato, e spingersi ad attestare la fattibilità di un piano che si reputa già in partenza incapace di superare il vaglio critico del giudice e le opposizioni dei creditori.

La FNC ritiene, inoltre, che – in virtù del ruolo conferito dalla legge come ausilio al debitore nella formulazione del piano e presentazione del ricorso – la redazione dell’istanza per la fissazione dell’udienza di omologazione sia preceduta da una fase avanzata e pressoché definitiva di scrittura della relazione del gestore della crisi: è, pertanto, necessario che quest’ultimo abbia già appurato l’ammissibilità, la diligenza e meritevolezza del debitore, nonché la fattibilità del piano, anche attraverso diverse ipotesi.

In definitiva, la relazione del gestore della crisi, con riguardo al piano proposto dal consumatore, deve esporre le seguenti informazioni: l’indicazione della proposta, in termini di messa a disposizione di elementi patrimoniali e reddituali; l’intervento di terzi; le garanzie offerte e i depositi cauzionali; l’eventuale necessità della nomina del liquidatore, in sede di decreto di omologazione o successivamente; i tempi previsti per l’esecuzione degli atti di liquidazione e dei pagamenti; l’eventuale suddivisione dei creditori in classi; la somma da attribuire ad ogni creditore.

Concordato preventivo – Imposta sul valore aggiunto – IVA – Falcidia – Ammissibilità – Presupposti (Corte Giustizia UE 07 aprile 2016)

l Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14725 – pubb. 13/04/2016

 

Corte Giustizia UE 07 aprile 2016 – causa C-546/14 – Pres. Ilesic – Est. Jarasiunas.

Concordato preventivo – Imposta sul valore aggiunto – IVA – Falcidia – Ammissibilità – Presupposti

L’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Carlo Verbeni

Debito IVA falcidiabile nel concordato preventivo liquidatorio

Debito IVA falcidiabile nel concordato preventivo liquidatorio

Per la Corte Ue, è sufficiente l’attestazione professionale del trattamento migliore rispetto all’alternativa del fallimento
/ Venerdì 08 aprile 2016

L’imprenditore in stato di insolvenza, al fine di estinguere le proprie passività mediante la liquidazione del suo patrimonio, può presentare un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, con il quale propone di pagare soltanto parzialmente un debito per l’imposta sul valore aggiunto attestando – sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente – che il credito dell’Amministrazione finanziaria non riceverebbe una soddisfazione migliore nel caso del proprio fallimento.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, con sentenza C-546/14, pubblicata ieri, con riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal Tribunale di Udine, con ordinanza del 30 ottobre 2014, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, sull’interpretazione degli artt. 2, 250, par. 1 e 273 della direttiva 2006/112/CE, e dell’art. 4, par. 3 del TUE.

In particolare, l’autorità giudiziaria friulana aveva chiesto se tali fonti comunitarie debbano essere interpretate nel senso di rendere incompatibile una norma interna, rappresentata, nel caso di specie, dagli artt. 162 e 182-ter del RD 267/42 per l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo, con pagamento parziale del debito per IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale.
In altri termini, era stato investito il giudice comunitario per chiarire se l’obbligo degli Stati membri, previsto dal diritto dell’Unione europea, di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie a garantire il prelievo integrale dell’IVA impedisca effettivamente di ricorrere a una procedura concorsuale alternativa al fallimento, nel cui ambito l’imprenditore in stato di insolvenza liquidi tutto il proprio patrimonio per soddisfare i creditori e preveda pagamenti dei debiti per IVA non deteriori rispetto all’ipotesi alternativa del fallimento, in virtù dell’accertamento di un esperto indipendente e all’esito del controllo formale del Tribunale.

La Corte di Giustizia ha preliminarmente osservato che la procedura di concordato preventivo è soggetta a presupposti di applicazione rigorosi, al fine di offrire garanzie per quanto concerne, in particolare, il recupero dei crediti privilegiati, compresi, quindi, quelli afferenti all’IVA: a questo proposito, è stato richiamato il contenuto dell’art. 160, comma 2 L. fall., secondo cui il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso soltanto se un esperto indipendente – in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d) L. fall. – attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore, in ragione della collocazione preferenziale, “avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.

A parere del giudice comunitario, la procedura di concordato preventivo appare, pertanto, idonea a consentire di accertare che, a causa dello stato di insolvenza dell’imprenditore, lo Stato membro interessato non possa recuperare il proprio credito IVA in misura maggiore.
In tale sede, è stato altresì osservato che la proposta concordataria è soggetta al voto di tutti i creditori, ai quali il debitore non proponga un pagamento integrale del loro credito, e che deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino la maggioranza del totale dei crediti ammessi al voto: conseguentemente, tale procedura permette all’Agenzia delle Entrate – o al concessionario della riscossione, per gli importi iscritti a ruolo – di votare contro la proposta di pagamento parziale del credito IVA, qualora non concordi con le determinazioni dell’esperto indipendente.

L’Agenzia può votare contro e poi opporsi all’omologazione della proposta

Al ricorrere di tale ipotesi, nell’eventualità in cui la proposta concordataria sia approvata dalla maggioranza di cui all’art. 177 L. fall., l’Amministrazione finanziaria ha comunque la possibilità di opporsi all’omologazione della stessa: in ogni caso, il Tribunale può omologare il concordato, se ritiene che possa soddisfare il predetto credito tributario in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (art. 180, comma 4 L. fall.).

Alla luce delle suddette considerazioni, la Corte di Giustizia Ue ha, quindi, concluso che l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo che – a differenza delle misure trattate nelle cause C-174/07 e C-132/06 – non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’imposta nel loro territorio e la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione europea.

Riforma del diritto fallimentare – Novità dello schema di disegno di legge delega (commissione Rordorf)

Riforma del diritto fallimentare – Novità dello schema di disegno di legge delega (commissione Rordorf)

L’art. 6 dello schema di disegno di legge recante delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza prevede alcune novità in materia di concordato preventivo.
Fra le modifiche, si segnala l’inammissibilità di domande che, in virtù del loro contenuto sostanziale, abbiano natura essenzialmente liquidatoria.
L’accesso al concordato preventivo sarà riconosciuto solo all’imprenditore in situazione di crisi o anche di vera e propria insolvenza, ma reversibile, che deposita una proposta di superamento di tale stato critico, con la prosecuzione, anche indiretta, dell’attività aziendale, sulla base di un adeguato piano, consono anche al soddisfacimento, per quanto possibile, dei creditori.

Pubblicato su Eutekne il 17/3/2016